LA TRANSIZIONE ENERGETICA DEVE ESSERE DEMOCRATICA!
La Sardegna non è una piattaforma energetica
Per riavviare un dibattito aperto sul futuro energetico della Sardegna, e costruire insieme un percorso di opposizione alle speculazioni e di progettazione dal basso per una transizione ecologica, democratica e sostenibile, ci incontreremo sabato 13 novembre, dalle 16:30, presso il Centro civico di Bauladu, in piazza Emilio Lussu. Auspichiamo che sia solo il primo di una lunga serie di incontri.
Sono ormai mesi che il dibattito pubblico sul futuro energetico della Sardegna è monopolizzato da una falsa narrazione, che schiaccia ogni opzione possibile nel campo di due presunti blocchi contrapposti. Da una parte, il blocco dei fautori della metanizzazione, che spingono per l’adozione di una tecnologia obsoleta e completamente contraria agli obiettivi di contrasto al riscaldamento climatico. Dall’altra i fautori di una “transizione energetica” verso le fonti rinnovabili completamente gestita dall’alto, delegata a pochi gruppi multinazionali, in un contesto di deregolamentazione che consenta il massimo della speculazione e il minimo del rispetto del territorio.
Contrapposizioni solo apparenti
Questi due presunti blocchi contrapposti sono in realtà profondamente solidali, nello stabilire il principio che il futuro energetico debba essere deciso da pochi, per l’interesse economico di pochi, nella totale indifferenza verso i bisogni delle comunità e il rispetto del territorio. La contrapposizione che ci viene proposta è falsa.
Nella realtà, il territorio offre ampio spazio per le imprese predatorie degli uni e degli altri. Enel, Eni, Terna, Snam, sono i grossi poteri industriali legati allo stato che hanno già deciso il nostro futuro energetico, e stanno solo brigando per spartirsi il bottino del PNRR e delle altre agevolazioni che il governo italiano garantirà all’industria sotto la copertura della “transizione energetica”. Nel frattempo una enorme quantità di attori privati si è già lanciata sul territorio per accaparrarsi nel più breve tempo possibile le autorizzazioni per costruire impianti di energia da fonti rinnovabili, confidando in un futuro di agevolazioni governative e prezzi dell’energia gonfiati.
Sardegna come piattaforma energetica conto terzi
Questa sfida tra interessi economici si svolge tutta al di sopra delle teste della cittadinanza sarda. La Sardegna è intesa solo come un recipiente di interventi che vengono progettati altrove e porteranno profitti economici altrove. Una piattaforma nel cuore del Mediterraneo, ad uso e consumo delle differenti lobby dell’industria dell’energia.
Intanto, un tratto del metanodotto, alcuni depositi costieri, le reti cittadine del gas e nuovi impianti da fonti rinnovabili hanno già ottenuto il via libera. Una nuova governance collegata al PNRR facilita la realizzazione di nuovi interventi in campo energetico (come l’elettrodotto Campania - Sicilia - Sardegna). E oggi, stando a quanto si apprende dalla stampa, è in arrivo un dpcm (un’aberrazione sia giuridica che politica) con cui il governo stabilirà il corso della transizione energetica in Sardegna (previa consultazione di una giunta regionale supina ai progetti dei colossi energetici). Il rischio è che venga accolta ogni singola istanza proveniente dai player dell’industria energetica.
L’insostenibile “transizione”
Resta il fatto che i modelli di “transizione” che ci vengono proposti sono sempre gli stessi: da una parte le eterne promesse mancate dell’industria fossile, con il continuo reiterarsi della devastazione ambientale e morale che, dal Piano di rinascita in poi, è la cifra di questo sviluppo industriale di stampo coloniale.
Dall’altra, il modello della speculazione selvaggia sulle rinnovabili che abbiamo già visto specialmente negli anni tra il 2008 e il 2015, con la sottrazione di enormi porzioni di territorio dall’uso delle comunità, per destinarlo alla accumulazione di profitti milionari per speculatori aventi sede nel nord Italia, o in paesi esteri.
Questa non è una “transizione” energetica, è la stasi voluta dai poteri di sempre, che decretano come deve essere gestito il territorio fregandosene di chi quel territorio lo vive.
Uno spazio di confronto aperto
Non vi può essere transizione energetica senza democrazia energetica. Per questo occorre organizzare in fretta una resistenza dal basso, popolare, ai processi di accaparramento in atto sul futuro del sistema energetico.
I tentativi di risposta che abbiamo messo in campo sinora sono stati frammentari, scoordinati, palesemente insufficienti. Occorre riaprire al più presto uno spazio di confronto aperto, partecipato, che metta insieme quanti pensano che l’unica transizione energetica sia quella che mette insieme partecipazione democratica, autonomia e benessere delle comunità, con il rispetto e la reintegrazione degli ecosistemi. Un’ottica completamente contrapposta a quella di chi ci ripropone, sotto nuove vesti verdi, il vecchio modello della speculazione economica, della centralizzazione politica delle decisioni e dei profitti, della spoliazione del territorio e della sottomissione delle comunità.
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